Nel rapporto con il cibo passano tantissimi significati emotivi e relazionali, il nostro corpo e la nostra mente sono uniti e si influenzano.
“Nei problemi legati al cibo, il problema non è mai il cibo”. Quando lavoro con adulti con problemi alimentari o con genitori che mi riportano le difficoltà alimentari dei loro figli, parto sempre da questo presupposto. Il lavoro in questo ambito è ampio e si muove lungo un continuum che va da sane abitudini alimentari e un generale benessere psicosociale, fino al disturbo alimentare, in tutte le sue declinazioni (anoressia, bulimia, binge eating, obesità etc), sia negli adulti che nei bambini. Lungo questo continuum la mindful eating si colloca non tanto come intervento terapeutico quanto come nuovo approccio al cibo ove le condizioni di sicurezza lo consentono. Si tratta di protocolli molto specifici rivolti agli adulti che hanno un rapporto complicato e conflittuale con il cibo e famiglie con bambini (dai 3 agli 11 anni) che faticano per diverse ragioni a gestire il momento del pasto. I protocolli si basano sulla mindfulness, ovvero la capacità di portare attenzione e consapevolezza al momento presente, senza giudizio e connettendoci con la nostra saggezza interiore. Nel caso della mindful eating, l’obiettivo è riconnetterci al momento presente e alle sensazioni e percezioni del proprio corpo mentre mangiamo, facendoci condurre nella scelta della tipologia e quantità di cibo dalla nostra saggezza interiore. Attraverso la mindfulness, l’alimentarsi consapevolmente (ovvero l’attenzione a quello che mangiamo e a come lo mangiamo) e gli homeworks (attività per mantenere la continuità tra un incontro e l’altro), le persone imparano un modo nuovo di approcciarsi al cibo ma anche a se stessi. Il protocollo per i bambini si basa su un lavoro di squadra che coinvolge gli adulti, i piccoli e la relazione genitori-figli, creando occasioni divertenti e ricche di significato per tutta la famiglia.